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Realizzazione di un sogno

Voglio intitolare così questo mio articolo perché sono certo che anche per i miei compagni di avventura l’esperienza vissuta a Magomero, un piccolo villaggio sperduto nel sud del Malawi, non sia stato altro che un sogno che nessuno di noi sperava un giorno di poter realizzare.

Da dove nasce l’idea di partire per il Malawi? L’idea parte da Angelo Balduzzi, il quale dopo la disgrazia che lo ha colpito lo scorso anno, per togliersi un po’ da tutto e da tutti, con la figlia Silvia decide di andare in Malawi dove suo cognato Padre Vincenzo Troletti ha operato come missionario per ben 13 anni nel sud di questo stato e che ora, per motivi di salute, ci torna solo due mesi all’anno e ci torna perché a capo di un’associazione umanitaria denominata” Un sogno sotto il Baobab” con i proventi che raccoglie vuole essere presente per seguire da vicino i lavori che, anno dopo anno, in accordo con Padre Thomas, vescovo della diocesi di Zomba e suo carissimo amico in quanto ha condiviso con lui dieci anni di missione, decidono di realizzare per portare un po’ di sollievo e di umanità a questo popolo oppresso dalla miseria.

Stavo appunto dicendo che, dopo questo suo viaggio, Angelo non sta con le mani in mano e cosciente delle condizioni di vita di questa gente, si dà da fare per portare a termine un progetto in questo piccolo villaggio, e a ricordo di sua moglie, organizza una camminata di beneficenza dal titolo ” I mille sogni di Rosanna sotto il Baobab” da Rusia (Castione) al rif. Olmo dove i proventi serviranno a finanziare l’opera.

Per recuperare il materiale necessario a realizzare strutture in paesi così poveri si creano enormi problemi sia in termini di costi che di tempo e quindi Angelo decide di reperire in zona tutto l’occorrente e poi spedirlo.

Vista la particolarità dell’intervento e la scarsa esperienza e manualità della gente locale nello svolgere questo tipo di mansioni, decide anche di ” arruolare” sempre qui sull’altopiano di Clusone la manod’opera necessaria e così quando mi ha proposto la cosa, inconsciamente, gli ho detto di si senza rendermi conto della portata di questa mia decisione anche perché non essendo mai stato in giro per il mondo, esperienza zero, e decidere di passare un mese in una zona sperduta mah, poi c’era anche il dovere di chiedere in famiglia prima, fatto sta che con altri undici amici abbiamo vissuto questa stupenda avventura.

Non voglio tediarvi con la descrizione del lavoro fatto, se mai foste interessati a vedere alcune immagini e scambiare alcune impressioni abbiamo in programma una serata per Martedì 23 Ottobre presso la sala consigliare di Fino del Monte, per il momento mi limito a trasmettervi le sensazioni e le emozioni che ho vissuto e condiviso con gli amici che facevano parte di questa allegra brigata.

La prima cosa che mi ha colpito è stato vedere ai bordi delle strade una marea gente che camminava, tanta gente, dove ogni persona ha un posto da raggiungere: i campi , il villaggio, il mercato. Subito mi viene la voglia di battezzare il popolo malawaiano “un popolo che cammina” in cerca di condizioni di vita migliori.Questo popolo ci ha accompagnato per un mese intero, gente a piedi nudi, uomini, donne , bambini, tutti che portano sulla propria testa qualcosa di importante come l’acqua, sacchi di riso,legna, insomma un po’ di tutto.

La seconda cosa che mi ha lasciato di stucco è vedere le loro capanne, le più ancora con il tetto di paglia, dove non c’è nemmeno il necessario come ad esempio una stuoia su cui sdraiarsi per dormire, o un posto dove accendere un fuoco per riscaldarsi quando fa freddo e per poter cucinare. I servizi, se così vogliamo chiamarli, non esistono c’è un luogo comune dove uno in caso di bisogno, entra e si porta con sé due sassi in modo tale che se si dovesse avvicinare qualcun altro questi batte i sassi per segnalare che il “bagno è occupato.

Ma nonostante questo anche le capanne hanno la loro bellezza, la loro semplicità, niente suppellettili, niente lampadari. Non c’è luce nei villaggi e nemmeno nelle strade, l’acqua bisogna andare a prenderla al pozzo e a volte ci sono alcuni chilometri da fare, non importa, l’Africa è anche questo. La terza cosa ed è quella che mi ha commosso di più, il rispetto che hanno nei confronti dell’ospite: non hanno nulla ma si privano anche del niente in segno di rispetto, infatti c’è proverbio africano un che dice: “l’ospite è come la rugiada, una benedizione” Vorrei ora concludere dicendovi di quanta tenerezza ti fanno i bambini, ti fissano con i loro occhi così innocenti che ti mettono addirittura in imbarazzo, ti colpiscono con la loro semplicità, sono molto rispettosi, in buona sostanza possiedono ancora delle qualità che noi non conosciamo più da molto tempo. Ecco questo in poche parole è un po’ quello che abbiamo vissuto dal punto di vista umano, di cose da dire ce ne sarebbero ancora tante ma le rimandiamo alla serata del 23 Ottobre. Per il momento permettetemi di dire anche a nome degli altri componenti del gruppo che: questa esperienza ci ha gratificato molto, ci ha fatto crescere ancora dentro anche se pensavamo di essere arrivati, ma soprattutto ci ha fatto tomare con i piedi per terra. Grazie Malawi perché ci hai fatto capire che: a questo mondo non c’è niente di più bello che poter aiutare un fratello.

Germano
 

 

 

 

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