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Rassegna Stampa

articolo tratto da “L’Apostolo di Maria” – Gennaio 2015

A LIWONDE UNA SCUOLA DAL NULLA

Quando il caso diventa possibilità e un sogno diventa realtà

di Vincenzo Troletti

Due anni fa, nell’agosto 2012, con un gruppo di volontari impegnati nei lavori di ristrutturazione della casa parrocchiale di Magomero mi sono ritrovato per caso alla cerimonia di inaugurazione di un pozzo a Liwonde nella diocesi di Zomba in Malawi. Al solito una festa piena di canti, danze e discorsi cerimoniosi delle autorità locali. Il tutto al centro di un campo sportivo sperduto in una zona che sembrava deserta ai piedi delle montagne che chiudono il bacino della vallata che ospita il Parco Nazionale, riserva naturale di notevole importanza per la protezione e la salvaguardia di animali e piante tipiche africane.

All’inizio sembrava non ci fosse nessuno, poi dal nulla, come spesso succede in Africa, la gente uscita da ogni dove ha riempito il campo di calcio. I bambini sembravano formiche onnipresenti. Noi, seduti al centro su una fila di sedie preparate per gli ospiti, lì a ricevere un grazie per qualcosa che neppure sapevamo o meritavamo.

Eravamo lì per caso ma le poche parole che quel giorno ci siamo scambiati con i presenti ci hanno avvicinati e fatto stringere rapporti che nel tempo ci hanno coinvolti sempre più. I capi villaggio ci ringraziavano per il dono dell’acqua che avevano ricevuto e mentre lo facevano, con timidezza, chiedevano se potevano azzardare altre richieste di aiuto. Ci raccontano che la comunità cristiana qui non ha una chiesetta dove radunarsi, però ha già fatto i mattoni da tanto tempo … i bimbi sono tantissimi ma la scuola più vicina è a 10 km  e questo fa si che l’età scolare scivoli ai 10 anni invece che ai sei anni previsti dal governo, … non c’è un mulino e neppure una minima struttura che garantisca una basilare assistenza medica…

Una lista lunga, non di richieste per un di più ma di bisogni primari. Come restare indifferenti? Mentre torniamo a casa abbiamo cominciato a pensare che una scuola forse avremmo potuto azzardarla… ma come?

Sono tornato alla parrocchia di Liwonde nei giorni seguenti per incontrare il parroco. Mi faceva così strano la richiesta del capo villaggio musulmano che chiedeva la costruzione della chiesa per la comunità cristiana che volevo saperne di più.

 Fino a qualche anno fa Liwonde era solo un piccolo centro del distretto di Machinga, ora invece ne è diventato il centro di maggiore importanza. Anche gli uffici amministrativi del governo sono stati trasferiti qui, così come la sede della sanità, dell’istruzione e della giustizia. La presenza dell’ospedale, il passaggio della strada e della ferrovia che collegano al Mozambico, la costruzione della scuola superiore statale e la vicinanza al fiume hanno fatto diventare questo centro sempre più popolato e in continua espansione e per il governo non è semplice rispondere e provvedere anche ai bisogni primari della popolazione. Piccoli interventi come lo scavo di un pozzo rimangono nelle liste delle richieste sui tavoli amministrativi anche per anni interi.

 Dopo una settimana con alcuni del nostro gruppo ho incontrato di nuovo i capi villaggio della zona. Le domande che portavamo con noi erano per chiarire il tipo di intervento che ci veniva prospettato: «Quanti bambini ci sono tra i sei e i dieci anni nella zona?» «Su quale collaborazione locale possiamo contare?» «Quali sono i materiali che potremmo trovare sul territorio e di che qualità?» «Su quale terreno si potrebbe costruire la scuola?». Ormai l’idea stava prendendo corpo. I responsabili dei villaggi hanno promesso che avrebbero organizzato le famiglie per la preparazione dei mattoni, per il trasporto della sabbia, dei sassi e dell’acqua fino al cantiere. Uno di loro si è detto pronto a donare il terreno sul quale la scuola poteva essere costruita. Abbiamo chiesto alla parrocchia cattolica locale di accettare di coordinare il lavoro di preparazione e in accordo con il vescovo, mons. Thomas L. Msusa, si è chiesto agli uffici della diocesi di fare i primi passi per contattare e coinvolgere l’incaricato regionale per l’istruzione. Tutto si è mosso velocemente come se una strada fosse già stata segnata e preparata.

 L’anno seguente è stato speso nei preparativi necessari: si sono ottenuti i permessi e registrato l’atto di cessione della proprietà del terreno, è iniziata la preparazione dei materiali e si è tracciata la strada per collegare la zona scelta alla strada principale, si sono sradicati gli alberi e si è appianato il terreno. Nel frattempo in Italia uno studio tecnico si è offerto gratuitamente di progettare l’edificio: quattro aule e l’ufficio per gli insegnanti e la dirigenza della scuola.

Il 7 febbraio 2014 il vescovo mons. Msusa, emozionato e un po’ incredulo, come ultimo gesto prima di lasciare la diocesi di Zomba per quella di Blantyre dove l’indomani sarebbe stato accolto ha presieduto alla cerimonia della posa della prima pietra. Il sogno incredibile nato per caso ha iniziato a diventare realtà.

 A marzo mentre una piccola ditta di costruzioni malawaiana lavorava alle fondamenta della scuola secondo il progetto preparato, in Italia si preparava il container con il legname del tetto, le lamiere e tutto il materiale edile necessario alla costruzione. Una gara di gesti generosi di privati, piccole ditte e associazioni ha riempito il container che all’inizio di aprile è partito per Liwonde. Il gruppo di volontari è giunto sul posto l’ultima settimana di luglio e li è iniziata la costruzione… Non so come descrivere cosa è successo perché l’euforia e l’entusiasmo ha preso la mano un po’ a tutti. Sul cantiere si son mischiate le lingue, le forze e le speranze. Persino i bambini di sei e sette anni facevano la catena a portare mattoni e venivano incoraggiati dalle mamme e dalle nonne che portavano acqua e sabbia. Il capo villaggio incitava tutti e dava l’esempio nei lavori più umili…

 Dopo 25 giorni dall’inizio dei lavori eravamo ancora una volta tutti raccolti in uno spiazzo della savana africana sotto il sole primaverile, come nell’agosto di due anni prima, a far festa e danzare ma questa volta davanti alla scuola costruita!!! Un sogno incredibile nato per caso, condiviso da tanti, che ha unito tantissime persone di diversi paesi e ha che riempito il cuore di tutti. Mentre scrivo ho sotto gli occhi la lettera di fr. Michael Mkhomeni, il parroco di Liwonde, che mi dice che nella scuola ci sono 500 bambini che seguono le lezioni.

 Un caso? Forse. Mi piace comunque pensare che se trova un cuore pronto, mani forti e disponibili, generosità e voglia di provarci, il ‘caso’ regala incredibili sorprese e i sogni diventano realtà.

Avvenire di calabria

                            Viaggio in Africa

 

Alla fine del viaggio ho chiesto a Padre Vincenzo: secondo te, il nostro viaggio è servito a qualcosa? abbiamo fatto qualcosa di buono venendo qui? Lui mi ha risposto: il fatto che siate venute a vedere è già qualcosa di buono…. Quando si decide di partire per un posto così lontano,il Malawi, si pensa di dover fare a tutti i costi del volontariato, di dover aiutare la gente del posto con  i possibili mezzi a nostra disposizione,all’occidentale; in realtà, quando si scende per la prima volta in Africa, è proprio la gente che ti aiuta a cambiare prospettiva di vita, a guardare le cose in modo diverso…sono loro che aiutano te e nella misura in cui ti lasci coinvolgere puoi  essere d’aiuto a loro. L’idea di partire per il Malawi è nata due anni addietro ascoltando le vicende di vita di un Padre Missionario vissuto lì per circa 10 anni, Padre Vincenzo. Dai suoi racconti , dalle foto, dalle spiegazioni sulla cultura e sui costumi africani, si è riacceso il forte desiderio di conoscere l’Africa che fin da piccola avrei voluto vedere. Organizzata velocemente la partenza, io, P.Vincenzo  ed altre tre ragazze ( Lucia, Daniela e Laura ) decidiamo la data e , raccolti in 8 grosse valigie vestitini per bambini e per adulti, giocattoli, materiale di cartoleria, farmaci e disinfettanti vari, il 27 agosto partiamo alla volta del Malawi! Restiamo giù fino al 14 settembre , 18 giorni pieni, e ritorniamo con il cuore colmo di emozioni contrastanti,di gioia e stupore, di dolore e sofferenza ,di nuovi  stimoli e di voglia di cambiare qualcosa, di consapevolezza di una realtà completamente opposta a quella che quotidianamente viviamo , ma soprattutto, torniamo con la nostalgia che si prova quando hai tanto amato qualcuno da cui ti sei dovuto allontanare. E si, perché, io, profondamente scettica su tutto , compreso il mal d’Africa, mi trovo seduta ad una scrivania a fare la mia dichiarazione d’amore ad un Paese che fortemente vorrei conoscessero tutti !! Sarebbe impossibile descrivere  con dovizia di particolari ciò che ho visto, trasmettere le emozioni che ho provato di fronte a quegli occhi profondi che ti guardano senza formalismi, senza maschere….siamo così abituati a guardarci attorno con circospezione e talvolta a nasconderci dietro ad  un paio di occhiali scuri, che sembra strano solo a pensarci, ma in Africa , gli occhiali da sole non li porta nessuno; la povertà forse glielo impedisce o forse , semplicemente,  non ne hanno bisogno, non si nascondono dietro a nulla.

Beh, prima impressione appena arrivati, dopo un viaggio lungo due giorni, e senza trovare le nostre care valigie in aeroporto, è stata : “non sembra di essere in Africa, non c’è tanto caldo , c’è una gran bella vegetazione, siamo sicuri di essere scesi a destinazione???” e si perché nel nostro immaginario, l’Africa è il deserto, la polvere, la desolazione più assoluta…vi svelo un segreto: sono luoghi comuni!! In macchina dall’aeroporto percorriamo circa 400 km prima di arrivare a Zomba, ex capitale del Malawi. Una cosa che mi colpisce immediatamente è vedere ai bordi delle strade gente che cammina, tanta gente, da un lato e dall’altro della strada principale, l’unica asfaltata; la maggior parte delle persone non possiede macchina, al massimo ha un bicicletta per uso proprio o per uso taxi. Ogni persona ha un posto da raggiungere: i campi , il villaggio, il mercato. Ribattezziamo i malawaiani “un popolo che cammina” una nazione che è in cammino, verso lo sviluppo, verso condizioni di vita migliori, verso una democrazia vera e non di facciata! Il popolo che cammina, ci ha accompagnato durante tutto il nostro soggiorno. Gente a piedi scalzi, tutti volti neri, donne , uomini, bambini che portano sulla testa qualcosa di importante, sacchi di riso, ceste di cibo, legname, un po’ di tutto. Arrivati in serata dal Vescovo della citta di Zomba, Padre Thomas, dopo grandi saluti e accoglienza delle migliori che potessimo sperare,ceniamo e si va a nanna. I giorni successivi fino al rientro sono stati pienissimi. Abbiam visitato tante missioni, tante scuole, ospedali, asili, l’università Cattolica del Malawi, abbiamo persino fatto una foto con il ministro dell’istruzione (ci siamo sentite delle VIP, nella circostanza!) , per non parlare della natura meravigliosa che abbiam trovato in giro per il paese, i baobab, alberi senza foglie né frutti, bellissimi al tramonto, sembrano secchi ma non lo sono, stanno lì in tanti a mostrare la loro forza e la loro bellezza nonostante non siano fioriti. Abbiamo visitato una casa di un villaggio, la casa del nostro piccolo Thomas ; dico nostro perché, durante la nostra permanenza, siamo diventate da  singles,  mamme di un bambino meraviglioso, che avendo bisogno di aiuto , ha trovato noi pronte a darglielo, anche da lontano!!

I villaggi sono fatti di capanne, hanno meno del necessario: una stuoia su cui dormire, un fuoco con cui riscaldarsi quando fa freddo e cucinare , un mobile dove mettere qualcosa. Anche le capanne hanno la loro bellezza, la semplicità è la caratteristica dell’Africa. Niente suppellettili, niente lampadari. Non c’è luce nei villaggi e nemmeno nelle strade. Quando arriva il buio, alle 18.00 la gente continua a camminare, senza torce; continua a incontrarsi e a chiacchierare. Certo, per chi non è abituato un po’ di timore è inevitabile, ma se ti passa accanto un volto nero che ti saluta dicendoti ”hi sisters!” o se ascolti le risate dei bimbi che camminano insieme a te, la paura va via e ti godi quel magnifico cielo stellato e la luna, che al contrario del nostro emisfero, dove quella crescente è laterale,lì  in Africa  ti sorride. Siamo state anche nel piccolo asilo del villaggio di Magomero, dove sta prendendo forma il progetto di un nostro conterraneo: un asilo ed un piccolo ospedale, un posto dove fare le vaccinazioni ai bambini e dare assistenza a chi ne ha bisogno. In particolare proprio qui abbiam vissuto dei giorni meravigliosi; siamo state con bimbi piccolissimi, 3-4 anni. Ci hanno accolto con canti  e danze, vestiti  di tutto punto, vestiti che per noi possono essere quelli del carnevale cittadino, abiti sgargianti di principessine, e principi, ma per loro sono quelli delle feste importanti, con cui salutare degnamente gli ospiti che si presentano.un proverbio africano dice che l’ospite è come la rugiada, una benedizione. Fanno  tenerezza quei piccoli volti neri dagli occhi così innocenti che ti scavano nel profondo e ti imbarazzano per la loro semplicità; quei sorrisi spontanei di fronte ad un palloncino che diventa un fiore e ad un pezzo di carta che diventa una barchetta. Cose mai viste, nemmeno dai professori, amorevoli e rispettati, in un modo che noi non conosciamo più da tanto tempo. Bambini forse troppo responsabili per la loro età, senza alcun senso di possesso o di gelosia o di invidia nei confronti degli altri, anzi, sempre pronti ad aiutare il compagno accanto, quello che vuole stare solo e che ha gli occhi tristi. Così educati da prendere il loro piatto, mangiare insieme, rimettere a posto il piatto, lavarsi le mani e tornare da soli a casa.  Bambini che ti scelgono per giocare con loro, che si avvicinano e dopo un’iniziale paura per il bianco della pelle, si avvinghiano e si fanno coccolare. Erano 160 quando siamo andati a trovarli, stavano tutti in silenzio a guardare la plastilina  di tutti i colori, a imparare a dipingere con gli acquerelli le barchette; poi a cantare dei motivi tradizionali, a muovere le mani e a correrti incontro . Che gioia nel cuore ma  che impotenza di fronte alla grande povertà. Anche nella Missione di kankao suore che accudiscono i piccoli abbandonati orfani o con famiglie disagiate, fino all’età di due anni e mezzo per poi darli in affidamento. Lì abbiamo avuto il privilegio di dare loro la pappa, di giocarci un po’, di tenerli in braccio sapendo che alcuni erano sieropositivi e non avrebbero probabilmente vissuto come i bambini  sani, perchè  a chi lo dai in affidamento il bimbo che non sai quanto vivrà ancora, chi lo vorrebbe un figlio malato, che ti fa soffrire e basta?? Eppure avevo in braccio la piccola Glory, innocente, dagli occhi grandi, denutrita ,con tanto desiderio di mangiare, sieropositiva .Volevo portarmela via per darle un futuro, per combattere contro il tempo con le cure adeguate, ma ti trovi impotente di fronte a certe cose e ti rendi conto che noi la vita , a volte la sprechiamo. E che dire del forte senso religioso…noi ce lo sognamo e cadiamo dal letto, come si dice qui. Abbiamo partecipato a due celebrazioni di cresime. L’accoglienza festosa del gruppo di animazione, i canti e i balli per tutta la Messa. Le tre/quattro ore della funzione trascorrevano velocissime. Il coro meraviglioso, accompagnato da tamburi e strumenti di fortuna, le danze del gruppo di animazione che ti lasciavano a bocca aperta. Abbiamo provato a seguire le donne nel ballo e, dopo un’iniziale risata generale per il nostro modo così diverso di danzare, un senso comune spingeva tutti ad accoglierci nel gruppo e a celebrare l’amore verso Dio, uniti !! E i cresimandi, quanto erano belli vestiti tutti di bianco, pronti a confermare l’appartenenza a Cristo con gioia  e con forza, con gratitudine e consapevolezza. Ti fa pensare tanto questo modo di vivere la fede; ti fa pensare che Cristo è gioia, è bellezza, è canto e preghiera ed è anche armoniosa danza! Quanto siamo diversi noi, noi che spesso andiamo a Messa perché dobbiamo….che grande esempio che ci viene dato da questo popolo così lontano! Ma il Malawi è anche profonda bellezza della natura. Ci sono diversi paesaggi che puoi incontrare attraversando il paese. Una parte collinare, ricca di vegetazione florida; l’altipiano di Zomba, luogo dove puoi trovare cascate d’acqua cristallina su rocce di pietra dura, alberi di tute le specie la giacaranda fiorita,l’albero di papaya, frutti  dolcissimi, prelibati al palato, papaia, fragole di bosco, more, mirtilli…che delizia assaggiarne un po’! ma anche scimmie….in tutto il paese vedi scimmie e babbuini che corrono nel loro habitat senza interferenza alcuna. Si avvicinano, stanno in gruppi o isolati a saltare  da tutte le parti. Assomiglia la zona collinare un po’ alla nostra gambarie…lì si respirava proprio un’aria reggina!! Poi, salendo verso il lago, e scendendo di altitudine,la vegetazione cambia e anche le abitazioni. Nelle città importanti, le costruzioni mantengono l’influsso coloniale inglese. Nelle zone rurali invece inizi ad assaporare l’Africa più genuina. Risalendo lo Stato, la vegetazione è meno rigogliosa e vedi la distesa dei baobab. Alberi che la tradizione vuole siano simbolo di vita e di unione con Dio. La leggenda racconta che un tempo il Baobab era l’albero più bello che ci fosse sulla terra, era però molto vanitoso . Un giorno allora CHAUTA, Dio, che stava nel cielo, decise di punirlo e lo capovolse, lasciando al posto dei fiori e dei rami , le radici a rappresentare che la vanità porta all’errore. Ma il Baobab è bello soprattutto quando , alle 17.45 il sole tramonta e dietro di lui, il cielo,la terra che ovunque è rossa, e i villaggi si tingono di colori così sgargianti e tonalità così intense dal rosa al rosso e al giallo, che non possono essere catturati da alcuna telecamera, o macchina fotografica perché la loro bellezza supera la macchina e rimane indelebile solo nel ricordo di chi c’era e l’ha visto con i propri occhi. Allo stesso modo l’alba sul lago malawi che noi guardavamo, svegliandoci alle 5.00 del mattino per gustarne i colori, era un meraviglioso spettacolo della natura che  rimarrà sempre  fissa in noi…

Nei dintorni del lago altre missioni, quella dei padri bianchi , esempio di arte della scultura del legno…attraverso le loro opere mostrano la cultura e la tradizione del malawi , il dio col volto di donna con le orecchie grandi per ascoltare e le braccia aperte per accogliere. Il dio pioggia che viene invocato nei periodi di siccità come salvezza per gli uomini. E poi, caratteristici ed immancabili gli artigiani del legno sparsi qui e lì nelle strade, pronti a mercanteggiare sugli acquisti; pregiati legni scolpiti, quali statue, utensili da cucina, presepi, ciotole di tutti i tipi, ma anche cestoni di paglia, automobiline, oggettistica che ci capita ogni tanto di vedere nelle bancarelle delle feste , ma intagliate con arte e passione maggiore. Anche lì, la sentivi la povertà…erano disposti a scendere il prezzo oltre il minimo pur di avere qualche spicciolo per poter mangiare..dovete sapere che il salario minimo di un lavoratore medio è di circa €15,00….immaginate quanta povertà c’è! E che dire dei vestiti distribuiti per strada alla gente che tagliava gli alberi con le accette e le pietre con le mani nude, che sporca e stanca camminava  scalza e con i vestiti strappati. Che dire quando di fronte a un pantalone, un paio di scarpe o una maglia nuova , sul volto nero nasceva un sorriso quasi commosso pieno di gratitudine e di riconoscenza ….Zicomo, zicomo quan bwiri…Che gioia profonda, per un gesto insignificante !! Infine, altra bella esperienza è stata quella di vedere gli animali nella natura. Siamo stati al parco naturale di Liwonde, dove entri e non ci sono gabbie o reti di protezione, solo vegetazione. Un posto bellissimo dove abbiamo avuto la fortuna di incontrare tutti gli animali che piacciono ai bambini, ma che fanno un po’ di paura ai grandi!! Branchi di elefanti che puoi vedere , con qualche rischio, ad una distanza irrisoria, piccoli, grandi, realmente grandi, che mangiano l’erba dagli alberi; coccodrilli, ippopotami, cervi, cerbiatti, facoceri, gazzelle, antilopi, scimmie, uccelli di tutti i tipi. Fortunatamente niente leoni e leopardi… Qualche momento di tensione con gli elefanti è bastato ad aumentare il nostro senso religioso…figuriamoci se avessimo visto attraversarci il sentiero da un leone!!!  È stato un viaggio meraviglioso e ci sarebbe ancora tanto da scrivere, ma spero questo possa bastare a scatenare la curiosità di chi legge. Da parte mia, ringrazio Padre Vincenzo che ci ha accompagnate, le compagne di viaggio che hanno condiviso con me questa esperienza, Padre Thomas, il Vescovo della diocesi di Zomba che ci ha accolto come figli e ha permesso la nostra permanenza con grande generosità presso la sua dimora, ma soprattutto Lui che da lassù mi ha dato la possibilità  di vedere l’altra parte della medaglia  rimettendomi in cammino su un sentiero che non è facile, anzi, è tortuoso e faticoso ma che sicuramente, se percorso, può diventare fonte di grande gioia e crescita .

Valentina Tavilla

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2 Responses to Rassegna Stampa

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